Lotta politica, nuova legislatura e compiti dell’educazione

 

Non c’è da scandalizzarsi per le angustie e per la durezza della lotta politica, come non ci si scandalizza se, per fare una grigliata, si devono pescare e uccidere i pesci. Bisogna però vigilare perché non vi vada a pescare con le bombe, distruggendo anche le uova e i piccoli, e cioè l’ambiente in cui si riproducono le risorse per il futuro.

Sappiamo che la politica si fa col consenso e il consenso si produce sia con scelte gradite a chi deve concederlo, sia con la propaganda, che tende a gonfiare i propri meriti e le proprie proposte e a screditare meriti e proposte altrui.

 

Questa “parzialità”, espressione del sistema “partitico” e “bipolare”, non implica necessariamente la caduta nella partigianeria, nell’intolleranza, nel settarismo, nel fanatismo. La menzogna, la prevaricazione, i favoritismi, talora  “pagano” elettoralmente, talora suscitano ripulse e, se queste sono troppo insistite, ripulse di ripulse, in un processo difficilmente controllabile; ma in ogni caso questi comportamenti compromettono quel “capitale” sociale, che è fatto di fiducia, di credibilità, di amicizia, di serietà: capitale di cui la nostra società è pericolosamente carente, non meno che di capitale intellettuale e di capitale economico.

 

Pubblicità, propaganda, proselitismo: i confini dell’etica e le ragioni dell’educazione

 

Qui la vigilanza diventa anche, per chi s’impegni a “discernere”, doveroso sdegno di fronte alle prevaricazioni e impegno per la difesa del territorio proprio dell’educazione dalle invasioni dei “bombaroli”. La pubblicità vuol persuadere a comprare, la propaganda a votare, il proselitismo ad aderire ad un credo o ad un gruppo. Tutto ciò è accettabile, entro certi limiti “etici”. L’educazione vuole molto di meno e molto di più, perché mira a condurre alla maturità dell’autonomia personale soggetti che siano informati, consapevoli, responsabili verso se stessi, gli altri e le istituzioni.

 

Se per esempio la pubblicità di una casa automobilistica presenta una ragazza in abito da sposa che lascia l’altare per godersi la sua nuova auto; se un influente politico considera pubblicamente “sciocchi” (versione purgata) coloro che votassero “per il loro disinteresse”, avendo detto in altra circostanza che pagare le tasse oltre una certa soglia, indipendentemente dal contesto (stato della finanza pubblica e delle categorie più in difficoltà), è “contro natura”, ebbene in questi casi non si fa solo il vantaggio della propria azienda o del proprio partito, ma si compromettono, nella coscienza comune, valori fondamentali come il matrimonio e il bene comune.

 

Il danno maggiore di una campagna elettorale giocata in gran parte in termini di lotta senza quartiere fra “berlusconismo e antiberlusconismo” sta nell’avere spaccato l’Italia non più in termini ideologici, che dopo la caduta del Muro di Berlino sono quasi scomparsi, ma in termini “antropologici”, ossia prepolitici, di adesione o meno ad un modello di vita, di società, di comportamento istituzionale che tendono ad escludersi, fino a giustificare propositi di emigrazione, nel caso che vinca uno schieramento o l’altro, come ricorda De Rita su Avvenire del 12 aprile. Ricordo l’amara riflessione di un poeta d’altri tempi: “Chiedo al marine: perché uccidi il vietcong? Per la libertà, risponde il marine. Chiedo al vietcong: perché uccidi il marine? Per la libertà risponde il vietcong. Credevo che la libertà fosse vita.” Prima di lui Salomone aveva indicato lo stesso criterio per stabilire di chi veramente fosse, oltre le rivendicazioni, il figlio conteso fra le due madri.

 

Come nel ’68 rifiutammo l’alternativa fra lo schierarsi con le istituzioni o col movimento e scegliemmo un modo di essere nelle istituzioni che rendesse possibile il dialogo fra valori presenti nell’uno o nell’altro “mondo”, così ora pensiamo che alla scuola e all’università tocchi il compito di difendersi dall’uso improprio della politica e di difendere la stessa dignità della politica, contribuendo a ricostruire sul piano educativo il tessuto umano, culturale, psicologico che è stato lacerato da questo uso improprio della lotta politica. Il quale uso nasce, in fondo, da paure, arroganza, pretesa di vincere ad ogni costo, anche rispolverando clericalismo e anticlericalismo,  e convinzione che, per stare insieme, occorre essere piuttosto contro qualcuno, che per qualcosa: qualcosa che non si riduca ad un solo tema, ma ad una prospettiva generale di crescita civile.

 

Si parlerà molto di spesa pubblica e di debito pubblico, nel nuovo Governo, che dovrà risanare e promuovere diritti, convincendo e rassicurando, dialogando e decidendo senza spaventare e senza illudere. Per la scuola non chiediamo miracoli, né disfacimento di tutto ciò che è stato fatto, ma poche scelte serie, che generino fiducia.

 

La nave della legislatura che prende il largo è assai appesantita. Sia consentito augurare vento in poppa al capitano Romano Prodi, designato dalle urne: non solo perché l’augurio viene da un antico compagno di liceo e di collegio universitario, ma perché il bene dell’equipaggio dipende anzitutto dalla saggezza e dal coraggio di chi è chiamato a guidare la nave.

Per ora rallegriamoci per la cattura di Bernardo Provenzano e per la Pasqua del Signore, che riporta tutti dinanzi al consolante mistero del Sepolcro vuoto. 

                                               Luciano Corradini, presidente nazionale dell’UCIIM e dell’AIDU